Noto per il suo contributo al movimento del “design radicale” italiano negli anni Settanta, l’opera dell’architetto e designer napoletano Riccardo Dalisi è stata raramente studiata alla luce del dibattito architettonico, artistico e sociale dell’Italia post-Sessantotto. Ricostruendo brevemente lo svilupparsi del suo lavoro – dai primi progetti di spazi “flessibili” a metà anni Sessanta, ai laboratori tenuti nelle periferie napoletane tra 1971 e 1974 – questo articolo propone una nuova lettura delle sperimentazioni dell’architetto, teorico di quella che da lui è stata definita come “tecnica povera”, nonché tra i fondatori nel 1973 del collettivo di designer noto come Global Tools. Attraverso un’analisi accurata degli scritti e delle iniziative di Dalisi, si tenta qui di chiarificare le sue posizioni riguardo alcuni problemi chiave: il ruolo dell’architetto nella società, tra produzione di massa e speculazione edilizia, l’introduzione di metodologie partecipative nel processo progettuale, la fiducia nelle potenzialità della creatività come mezzo di emancipazione individuale e sociale. In particolare, l’articolo rileva l’interesse suscitato dal metodo dialettico di Dalisi sia nei circoli del design d’avanguardia sia tra quegli “operatori culturali” che, negli anni Settanta, andavano sviluppando una serie di progetti nello spazio urbano con la partecipazione di gruppi e comunità emarginate.
Maieutica del progetto. Riccardo Dalisi tra architettura, design e animazione, 1967-1974
Sara Catenacci
2015-01-01
Abstract
Noto per il suo contributo al movimento del “design radicale” italiano negli anni Settanta, l’opera dell’architetto e designer napoletano Riccardo Dalisi è stata raramente studiata alla luce del dibattito architettonico, artistico e sociale dell’Italia post-Sessantotto. Ricostruendo brevemente lo svilupparsi del suo lavoro – dai primi progetti di spazi “flessibili” a metà anni Sessanta, ai laboratori tenuti nelle periferie napoletane tra 1971 e 1974 – questo articolo propone una nuova lettura delle sperimentazioni dell’architetto, teorico di quella che da lui è stata definita come “tecnica povera”, nonché tra i fondatori nel 1973 del collettivo di designer noto come Global Tools. Attraverso un’analisi accurata degli scritti e delle iniziative di Dalisi, si tenta qui di chiarificare le sue posizioni riguardo alcuni problemi chiave: il ruolo dell’architetto nella società, tra produzione di massa e speculazione edilizia, l’introduzione di metodologie partecipative nel processo progettuale, la fiducia nelle potenzialità della creatività come mezzo di emancipazione individuale e sociale. In particolare, l’articolo rileva l’interesse suscitato dal metodo dialettico di Dalisi sia nei circoli del design d’avanguardia sia tra quegli “operatori culturali” che, negli anni Settanta, andavano sviluppando una serie di progetti nello spazio urbano con la partecipazione di gruppi e comunità emarginate.File | Dimensione | Formato | |
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